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Lewis ARON, PhD (1952-2019)


Il 28 febbraio 2019, all’età di 66 anni, è morto Lewis Aron dopo una lunga battaglia con il cancro. Autore di molti rinomati libri di psicoanalisi, è stato direttore del Programma in Psicoterapia e Psicoanalisi della New York University (NYU Postdoc) per due decenni. Autore prolifico e con molti interessi, Lewis Aron (Lew) è stato anche una figura rilevante del Rinascimento Ferencziano, in quanto ha promosso la riscoperta e l’integrazione dell’insegnamento di Ferenczi all’interno della Psicoanalisi Relazionale. Inizialmente introdotta nel 1983 da Greenberg e Mitchell come formula per designare la confluenza tra la psicoanalisi interpersonale e la teoria delle relazioni oggettuali, la Psicoanalisi Relazionale è diventata nel tempo una tendenza sempre più rivelante della psicoanalisi contemporanea. Il suo lavoro in tal senso inizia con la raccolta The Legacy of Sandor Ferenczi (1993), di cui è stato curatore insieme ad Adrien Harrris, continua con il libro A Meeting of Minds: Mutuality in Psychoanalysis (1996), tradotto anche in italiano (Menti che s’incontrano, Cortina 2004), in cui viene chiarita e articolata la zona di congiunzione tra i contributi dell’ultimo Ferenczi e la Psicoanalisi Relazionale, per approdare al il volume curato con Stephen Mitchell, Relational Psychoanalysis: The Emergence of a Tradition (1999), che segna una tappa fondamentale nella ridefinizione, appunto, della tradizione relazionale. Dopo la prematura scomparsa di Stephen Mitchell si è assunto il compito di dirigere, insieme a Adrienne Harris la Relational Perspectives Book Series. Nel 2008 ha fondato, insieme a Jeremy Safran e Adrienne Harris il Ferenczi Center presso la New School, un centro studi che ha dato un contributo essenziale alla creazione, nel 2015, dell’International Sandor Ferenczi Network. Nel 2013, assieme a Karen Starr, ha pubblicato A Psychotherapy for the People: Toward a Progressive Psychoanalysis, un'altra opera dalla pregnanza storica fondamentale quale si può desumere da uno dei titoli dei saggi che lo compongono: “Psychoanalysis as Holocaust survivor”.

La sua scomparsa lascia un vuoto doloroso ma anche un’eredità feconda, ricca e in rigoglioso sviluppo.


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