di Gianni Guasto
No, non fu la mano dell'angelo a fermare il coltello di Abraham. Fu Sara, che dopo un sogno gravido di angoscia, corse, sotto il peso dei suoi cent'anni, fino in terra di Moriah, su per le pendici del monte, inseguendo il marito e la sua carovana.
"Fermati, vecchio", urlò Sara gettandosi sulla catasta, sopra il corpo del figlio legato. "Uccidi me, piuttosto! Perché ricordati bene, uomo, che se toccherai questo figlio uscito dalle mie viscere sterili, dopo averlo atteso per tutta la vita, io ti sgozzerò come un vitello durante il sonno, quando giacerai ebbro di vino e di oblio al mio fianco. E darò le tue carni vecchie in pasto alla tua Belva, perché se ne cibi.
Atterrito, Abraham rispose: "donna come parli? Ricorda che il figlio che hai partorito a novant'anni non è tuo, ma è venuto per volere dell'Eterno".
"Ogni figlio che esce dalla carne di donna, è di colei che lo partorisce, che già il fuoruscirlo è dolore e lutto, e richiede remunerazione per entrambi. Nessuno osa avvicinarsi ai piccoli della tigre, per non essere sbranato. E donna non è da meno.
Ricorda, uomo: se toccherai mio figlio sarai scannato come il più misero dei tuoi olocausti".
"Donna, rispose Abraham, tu pronunci parole di blasfemia e sventura. La furia dell'Eterno ci ucciderà!"
"Una sorte non peggiore di quella ch'Egli pretende per mio figlio, dunque. Che non può essere anche tua la sorte dell'olocausto? Che non puoi tu patire ciò che chiedi di patire al tuo ragazzo? Sei una capra tremebonda, al cospetto di un Dio avido e spietato. Ma a me la morte non fa paura, se mi strappano il frutto del ventre".
"Me misero! esclamò Abraham. Che farò ora? Dovrò scegliere fra morire per mano di Dio o morire per mano di donna!"
"Guarda quell'ariete con le corna impigliate nel rovo, disse Sara. Chiama i servi, e fallo preparare.
Quando il fumo del sacrificio salirà alle narici del tuo Molòch, egli calmerà la sua inquietudine, sicuro ormai della tua fedeltà.
Perché d'ora innanzi la nostra progenie sacrificherà a lui soltanto agnelli, che chiameremo gli agnelli di Dio, a calmare la sua furia, affinché, nell'illusione del perdono, sollevino gli uomini del peso delle loro iniquità. Finché anche il Molòch abbia un figlio da sacrificare, che la pace e la guerra con lui non avranno fine".
E così fu. E Dio ascoltò, e pianse, e provò qualcosa che non conosceva e che chiamò vergogna, e benedisse in cuor suo la saggezza di Sara. Perché i figli non siano mai più cibo per i padri. Perché così sarà tramandato. E così sia.
in copertina: Giuseppe Vermiglio, Il sacrificio di Isacco (1585 circa - 1635 circa). Vicenza, Museo Civico di Palazzo Chiericati.